Intertust Technologies denuncia Apple per infrazione di brevetti

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Intertrust Technologies, una compagnia con sede nella Silicon Valley, ha annunciato da poco di aver denunciato Apple per l’infrazione di 15 brevetti relativi alla sicurezza nel campo dell’informatica. I prodotti che andrebbero a costituire la violazione includerebbero iPhone, iPad, Mac – sia desktop che non, Apple TV, iTunes, iCloud e l’App Store stesso. Più o meno ogni prodotto venduto dalla casa di Cupertino, insomma. Intertrust è stata fondata nel 1990, e dichiara di avere un portfolio di 250 brevetti già registrati e altri 200 in attesa di approvazione, in tutto il mondo. Nonostante si occupi prevalentemente proprio della gestione di brevetti, possiede anche una divisione relativa a sviluppo e ricerca, e diverse sussidiarie che sviluppano sistemi di sicurezza software.

Nel 2003, Intertrust si è trasformata in una joint-venture privata con l’acquisizione da parte di Sony, Philips e Stephens Inc. – due giganti della tecnologia e una banca. L’unico caso di infrazione di brevetti che sembra essere attivo è proprio quello appena cominciato con Apple, nel nord della California.

Dopo tre anni di battaglie forensi, Intertrust ha costretto Microsoft a pagare 440 milioni di dollari per licenze nel 2004, e anche altri nomi molto conosciuti come Samsung, Motorola, Panasonic, LG, HTC, Nokia, Adobe e Pioneer sono oggi identificati come licenziatari di brevetti. Anche Nest Labs, una piccola ma innovativa azienda nata all’interno dell’industria dei termostati, è listata sotto le “compagnie attualmente in portfolio”. Non è chiaro cosa significhi esattamente, ma pare che Apple sia al momento una delle ultime aziende rimaste fuori, e Intertrust voglia cambiare tutto questo.

Alcuni nomi importanti nel settore affermerebbero la presenza di diversi vantaggi nell’essere licenziatari di brevetti simili. Apple non è di certo conosciuta per il suo essere conformista, e solo il tempo ci dirà se un portfolio simile sarà sufficiente per portare l’azienda di Cupertino a far parte di quei nomi.

via | The Verge

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